marzo 19, 2008

Cosa racconterò



Quando sarà grande gli racconterò che nella hall dell'albergo c'erano sei monaci tibetani vestiti con le tuniche cremisi e si sono alternati a disegnare un mandala.  Spiegherò che il  mandala è la rappresentazione dell'universo e della sua sublime perfezione e di come osservandola si rimanga illuminati dall'eternità e dalla presenza del vuoto che ogni cosa circonda. Per fare un mandala bisogna grattare dei bastoncini monocromatici, le cui polverine riempiono gli spazi del disegno sottostante. Dirò che c'hanno impiegato una settimana per fare questo mandala qui. Racconterò che su al nord dell'India c'è un paese vicino al cielo, ed è il paese più alto del mondo situato sulle vette dell'Himalaya, tanto alto da essere troppo ossigenato e si chiama Tibet e che nel 1950 venne occupato dall'Impero cinese. Racconterò che i tibetani si ribellarono varie volte all'invasione e racconterò con dolore di quanto assomigliassero tali rivolte a quelle degli ebrei sotto il dominio dell'Impero romano e come quelle finirono nel sangue. Racconterò della diaspora che ebbe luogo e di come il Tibet divenne un nuova Palestina. 
Gli imperi s'assomigliano tutti. Nell'economia e nel sangue. 

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marzo 17, 2008

Uno non lo sa


Ho capito perché i nonni impazziscono per i propri nipoti. Perché si ricordano. Ci si dimentica di tutto. Ci sono foto sbiadite che ricordano quando i figli erano piccoli e succede inevitabile che il presente abbia sempre il sopravvento e non ci si può far nulla e si dimentica presi dal presente di quand'erano piccoli i propri figli, e li si intravede nella figura dell'oggi oramai grandi. Si vive del presente dimenticandosi di cosa è stato prima e avendo solo voglia di andar avanti a finire il giorno. Osservando le smorfie, contemplando le facce, sentendo i suoni, ascoltando i vagiti, seguendo le movenze del piccolo Joshua m'è sembrato di fare un tuffo nel passato e son ritornata a rivivere delle sensazioni perdute eppure non era l'intermittenza del cuore. Non c'era proprio quella roba lì. E' un sentimento diverso: straniante e familiare. Un passaggio nel tempo con tutta l'esperienza acquisita e nel contempo tutta la novità dell'apprendere di trovarsi di fronte a un nuovo essere da impostare, educare, accudire e formare. Ovvio con amore. La quotidianità di vedere la trasformazione impercettibile del viso, da neonato a persona corta, comporta una somma di sentimenti di proporzioni colossali. Ma non è definibile come sentimento materno. E' ripeto roba difficile da raccontare: un trasporto d'amore senza il senso d'attaccamento 'morboso' (se di morbosità si può dire dell'amore materno), comunque un amore affettuoso. E' vero semmai che i rapporti si costruiscono nella quotidianità, sull'accudimento e la cura giornaliera che si ha verso la famiglia, sulla sfinente necessità della presenza. Altrimenti sono solo parole scritte sulla battigia, destinate e scomparire alla prima onda. La realtà di tutti i giorni è la vera relazione dura con tutti i suoi scazzi e i suoi incontri, tra pianti e sorrisi.
E rimane che non c'è niente da fare: l'umano di fronte a un neonato rincoglionisce sempre. Sarà la continuazione della specie, sarà il futuro, sarà la speranza sarà quello che si vuole ma uno non lo sa mai com'è che finisce a fare l'idiota chiacchierando del nulla, bisbigliando suoni incomprensibili, raccontando rumori illogici all'orecchio di Joshua. Uno non lo sa di quanto rincoglionisce. Sul serio. Mica per dire.

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marzo 11, 2008

I sui piedi


Capita che alle 5.00 del mattino ci si svegli, si chiami l'ambulanza, e ci si precipiti in ospedale. Capita che si accarezzi la fronte della propria figlia madida di sudore. Capita che le acque si aprino in bagno all'improvviso e capita di ascoltare le urla dietro una porta chiusa. Capita che sia nato veloce e perfetto alle 7.17 del mattino a Chennai in India e che pesi 3 chili e 650 grammi. Capita che quando lo portano avvolto in una copertina azzurra si scoppi in lacrime. Capita che l'abbiano chiamato Joshua. (Translation: Giosuè). 'Ché una nuova vita è sempre una nuova storia da raccontare e si spera non tiri giù le mura di Gerico. 
Per intanto è calmo e tranquillo. Questi sono i piedi che metteranno mano al mondo.

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